D’ERRICO, Stefano. Anarchismo e politica

Nel problemismo e nella critica all’anarchismo del ventesimo secolo, il "Programma minimo" dei libertari del terzo millenio.

BERNERI, Camillo (Lodi, Lombardia, Italia 20-5-1897-assassinato dai communisti il 5-5-1937).* bibliografia

Rilettura antologica e biografica di Camillo Berneri

Mimesis, 2007.752 p. cop. ill. Indice. Bibl. ISBN 978-88-8483-527-7

Camillo Berneri, intellettuale della stessa generazione (e del calibro) di Piero Gobetti, Carlo Rosselli
e Antonio Gramsci, dei quali fu stimato interlocutore, è stato pressoché cancellato dall’ufficialità della storiografia (anche di sinistra). La sua colpa? Essere anarchico. Eppure la sua capacità teorica, con uno stile antidogmatico, traccia, oggi più che mai, il “programma minimo” per l’unico (e l’ultimo) socialismo possibile: quello libertario.
In Berneri emerge la preoccupazione di affermare il primato dell’etica sulla politica, la cui “autonomia” è per lui all’origine dell’impossibilità d’ogni cambiamento progressivo. Vero “liberale del socialismo”, Berneri non contrastò solo il sistema capitalistico o il fascismo, bensì ogni ragion di stato e qualsiasi forma di totalitarismo, bolscevismo compreso. Avvenne così che l’irriducibile intellettuale militante spesosi in prima persona contro le forze tradizionali della reazione – dal 1926 perseguitato da Mussolini fin nell’esilio – fu infine assassinato non ancora quarantenne dai sicari di Stalin (con il contributo determinante degli italiani Togliatti, Longo e Vidali), nella Barcellona rivoluzionaria del 1937.
Il suo rigore lo pose in rotta di collisione con tutti gli ideologismi e le soluzioni dottrinarie del “secolo breve”. Egli prese le distanze anche dalle semplicistiche ricette di un certo anarchismo, con uno sforzo teorico ed autocritico unico nel panorama libertario. Berneri concepì libere istituzioni della società civile in antitesi allo stato, incardinate sul comunalismo e coordinate in senso federalista; criticò le paure degli “anarchici integralisti” rispetto all’elaborazione di una precisa prassi politica e di un programma; valorizzò il mondo dell’associazionismo di base e l’organizzazione anarcosindacalista; si occupò di psicologia, stigmatizzando la demagogia, l’operaiolatria e l’antisemitismo di sinistra; intese l’individuo non come monade, bensì quale elemento valoriale nel seno di un’organizzazione politica degli anarchici ad identità collettiva; cercò di dare all’anarchismo la capacità gradualista di promuovere battaglie, anche d’opinione, oltre i “fondamentalistici” confini dell’ideologia e di stringere le necessarie alleanze politiche (nel suo tempo rivolgendosi per questo all’area genuinamente liberalsocialista); non s’illuse sulla palingenesi rivoluzionaria o sulla “spontanea” giustizia delle masse, pronunciandosi per la necessità di regole condivise ma cogenti; denunciò la codificazione di criteri tattici assurti a principi dogmatici, come nel caso di quello che definì “cretinismo astensionista”, divenuto diktat onnicomprensivo persino a livello di comunità locale ed in occasioni referendarie; contrapponendosi al positivismo imperante, si dichiarò sperimentalista, umanista e si spese per la libertà religiosa; possibilista in economia, fu contro i sistemi chiusi e a favore della piccola proprietà; principalmente equitario e collettivista, la sua opzione comunista, volontaria anziché pianificatoria, fu affatto intransigente.
Stefano d’Errico (1953) partecipa al movimento degli studenti del 1968 e, successivamente, a diverse esperienze comunitarie di quel periodo. Attivo nell’anarchismo romano, collabora a lungo alla rivista “A” e ad “Umanità Nova”. È fra i fondatori della Cooperativa “Bravetta ‘80”, esperienza pilota capitolina, autogestita dall’area del “movimento” contro l’istituzionalizzazione della tossicodipendenza e per il recupero del sottoproletariato urbano. Sviluppa una lunga ricerca collettiva sul campo, riferita in AA. VV., La diversità domata. Cultura della droga, integrazione e controllo nei servizi per tossicodipendenti (a cura di R. De Angelis, Istituto “Placido Martini” - Officina Edizioni, Roma 1987).
Tra gli animatori dei Comitati di Base della Scuola, nel 1990 d’Errico diviene segretario nazionale della Confederazione Italiana di Base Unicobas, prima realtà intercategoriale del sindacalismo alternativo in Italia. Negli anni ’90, contribuisce anche allo sviluppo dell’Associazione culturale “l’AltrascuolA”, attiva sul terreno dell’aggiornamento dei docenti, promotrice di studi e convegni. Firma l’introduzione di A scuola fra le culture del mondo (D. Rossi, Teti Editore, Milano 2000) ed un libro di materia sindacale (Tutti i contratti. Manuale per l’uso, U Book – Rubbettino, Catanzaro 2000).

INDICE

INTRODUZIONE pag. 5

PRIMA PARTE: INTRODUZIONE AL PROGRAMMA 46

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LA CRITICA DELLO STATO 46

CONTRO IL FASCISMO E LA DEMAGOGIA POLITICA: “MUSSOLINI GRANDE ATTORE”. LA REAZIONE E LE RESPONSABILITA’ DELLA SINISTRA 46
Prologo 46
Prima digressione. Partiture stonate: il minculpop “sinistrese” ed il fascismo 50
Seconda digressione. Quasi come nel Macbeth: l’istrione diviene protagonista 57
Pensatori, utopisti, apostoli, politici e tribuni nel teatro della politica 61
Un ritratto obiettivo: Mussolini senza trucco 65
La politica imperialista di Mussolini in Spagna: “Alla conquista delle Baleari” 80
Le Baleari: colonia mediterranea 87
IL MILITARISMO. “GLI EROI GUERRESCHI COME GRANDI CRIMINALI” 95
FEDERALISMO E COMUNALISMO VERSUS ACCENTRAMENTO STATOLATRA: BUROCRAZIA E PARLAMENTARISMO 98
LA CRITICA FEDERALISTA DELLO STATO IN BERNERI, DA CATTANEO A KROPOTKIN (E VICEVERSA) 105
UNA “DIGRESSIONE” ETNOLOGICA E PEDAGOGICA 112
BREVE INTRODUZIONE AL “PROBLEMISMO” DI BERNERI (COME VA INTESA LA CRITICA A KROPOTKIN) 123
IL REVISIONISMO MARXISTA 129
BERNERI E TROTSKIJ 145
IL COLLETTIVISMO BUROCRATICO 148
STATO E SOCIETA’ CIVILE: BERNERI E GRAMSCI 158
TECNICI E POLITICA 170
INTELLETTUALE E MILITANTE 173
IL CORAGGIO DI DENUNCIARE LA POLITICA DELL’INTERNAZIONALE COMUNISTA 179

LA REVISIONE IDEOLOGICA 189


LA FORZA DELL’IDEA E LA POSITIVITA’ DEL MITO 189
LA RIVOLUZIONE CULTURALE: IL “LAVORO ATTRAENTE” 193
“CULTURA PROLETARIA” ? 214
CONTRO “L’OPERAIOLATRIA” ED IL MITO OPERAISTA 218
IL PIANO DELLE LIBERTA’: LA LIBERTA’ DI CULTO COME PARADIGMA DELLE LIBERTA’ FONDAMENTALI. BERNERI E LA QUESTIONE DEL RAPPORTO CON I CATTOLICI 221
UNA DELLE REVISIONI IDEOLOGICHE: GLI ANARCHICI E I CREDENTI. ATEISMO E AGNOSTICISMO 226
PER UN’EPISTEMOLOGIA ANARCHICA: “L’IRRAZIONALISMO” DI BERNERI 231
“UMANESIMO E ANARCHISMO” 237

SECONDA PARTE: IL PROGRAMMA 245

ANARCHISMO E POLITICA 245

LA NECESSITA’ DEL PROGRAMMA. ATTUALISMO E VOLONTARISMO: BERNERI E MALATESTA 245
UN PROGRAMMA NAZIONALE 257
CONTRO IL RIVOLUZIONARISMO GENERAL-GENERICO, IL “CODISMO” ED IL FRONTISMO 266
LA DIFFERENZA FRA AUTORITARISMO ED AUTOREVOLEZZA 270
UN ANARCHISMO TOLLERANTE E DEMOCRATICO (MESSO IN SPAGNA A DURA PROVA) 274
CONTRO L’INDIVIDUALISMO NICHILISTA, IL “VIOLENTISMO” E GLI ANTIORGANIZZATORI 282
L’ORGANIZZAZIONE ANARCHICA COME CENTRO POLITICO NEVRALGICO E DI COORDINAMENTO 294
BERNERI ED ARCINOV 300
CONTRO IL SINDACALISMO PARASTATALE, CORPORATIVO (E DI PARTITO) 305
PER L’ANARCOSINDACALISMO 309
L’ANARCHISMO NELLA STORIA: IL SOVIETISMO DI BERNERI 318
LA NECESSITA’ DI UNA POLITICA DELLE ALLEANZE. BERNERI E ROSSELLI 327
SOCIALISTI LIBERTARI E SOCIALISTI LIBERALI 355
I “LIBERALI DEL SOCIALISMO”: IL COMUNISMO, L’EQUITA’ E L’EGUAGLIANZA RELATIVA. BERNERI E GOBETTI 357
GLI “INEDITI” DI BERNERI ED I CONTORNI DEL SUO PROGETTO POLITICO 373
BERNERI OGGI 398
L’AZIONE DI BERNERI SULL’ANARCHISMO E LA L’INTERPRETAZIONE DEGLI STORICI E DEGLI STUDIOSI ANARCHICI (Pier Carlo Masini; Gino Cerrito; Giampietro Berti; Gianni Carrozza; Francisco Madrid Santos) 398
Anarchismo & Anarchia 398
Berneri in Spagna 424
La “Lettera aperta alla compagna Federica Montseny”. Il maggio e dopo 433
Cosa insegna la rivoluzione iberica 449
L’essenza dei totalitarismi: fascismo e dittatura “comunista” 455
Per completezza 468
“I PRINCIPI” 474
ASTENSIONISMO ED ANARCHISMO 476
“PER UN PROGRAMMA D’AZIONE COMUNALISTA” 487
TERZA PARTE: BIOGRAFIA E CONCLUSIONI 492

BERNERI BIO-AUTOBIOGRAFICO 492

41) L’INFANZIA 492
42) IN POLITICA: LA “LETTERA AI GIOVANI SOCIALISTI”. L’ANTIMILITARISMO 508
43) REGGIO, FIRENZE E L’UNIVERSITA’. IL FASCISMO 517
44) LA PEDAGOGIA E LA SCUOLA PER BERNERI 522
45) L’EMIGRAZIONE. UNA RIVISTA MAI NATA 529
46) LE DOTI E IL CARATTERE 541
47) NOSTALGIA 546
48) “I FRANCESI”. PARIGI E LA BANLIEUE 557
49) LE TRAPPOLE DEL FUORUSCITISMO: LA MONTATURA 561
50) “ESILIO SENZA REQUIE” 566
51) LA RIVINCITA. IL CONVEGNO D’INTESA DEGLI ANARCHICI ITALIANI EMIGRATI IN EUROPA 586
52) L’ADDIO ALLA FAMIGLIA. LA SPAGNA 602
53) LA MORTE 621
54) IL CASO POLITICO 631
55) ULTIME IMMAGINI 641
CONCLUSIONI 647

APPENDICI:
679

1) L’EBREO ANTISEMITA E L’ANARCHICO FILOSEMITA 679
Premessa 684
Introduzione 684
I – Limiti di questo studio 686
II – Antimosaismo, antigiudaismo e antisemitismo 687
III – Quello che si deve intendere per “Ebreo” 687
IV – Il complesso d’inferiorità negli ebrei 688
V – La protesta ebraica 689
VI – L’evasione dal giudaismo 690
VII – Il complesso di castrazione 691
VIII – Otto Weininger 691
IX – La Bibbia e il complesso antigiudaico 693
X – L’antisemitismo di difesa. Mosaismo di Disraeli 693
XI – Karl Marx, antisemita 695
Conclusione 698
(Sub) Appendice (I) 701
(Sub) Appendice (V) 701
2) IL LEONARDO DI SIGMUND FREUD 702
Prefazione 702
Il “sadismo” di Leonardo (Capitolo I) 703
La “frigidità” di Leonardo (Capitolo II) 704
Appendice: Berneri, Freud e Leonardo (di Pier Carlo Masini) 707
BIBLIOGRAFIA (TESTI RIPRODOTTI, CITATI e/o CONSULTATI): 709
OPERE ATTINENTI CAMILLO BERNERI E LE TEMATICHE BERNERIANE (TESTI EDITI ED INEDITI) 709
TESTI DI CAMILLO BERNERI (EDITI ED INEDITI) 709
ALTRI TESTI E FONTI EDITE ED INEDITE 730
DOCUMENTI (EDITI ED INEDITI) 748
INDICE DEI NOMI 751

L’itinerario critico-filologico, proposto da Stefano d’Errico nella stesura del suo ultimo lavoro (relativo al tema del rapporto tra anarchismo e politica), ricostruisce la storia letteraria e politica di Camillo Berneri, intellettuale atipico e militante politico del primo Novecento.
Quella di Berneri è una vicenda del tutto singolare, non soltanto per il suo impegno a favore della causa dell’anarchismo ma anche per la sua variegata e complessa riflessione intellettuale, finalizzata alla riconquista del confronto tra i valori della tradizione anarchica e la prassi. Se sulla sua opera e sulla sua figura sono calati il silenzio e l’oblio, questo non è dovuto alla insufficienza teorica delle sue riflessioni, né tanto meno al bagaglio culturale (sempre filologicamente curato ed intelligentemente orientato) ma a motivi contingenti, dettati dall’opportunismo di una parte della sinistra italiana.
Perseguitato dal regime fascista, peregrino in tutta Europa, egli partecipò con entusiasmo ed abnegazione alla rivoluzione spagnola. Nonostante le ristrettezze economiche e le persecuzioni subite, riuscì comunque a configurare il quadro teorico entro il quale il movimento anarchico avrebbe potuto indirizzare l’azione politica.
Come Antonio Gramsci, anche Berneri è dell’avviso che dove si sbaglia nell’analisi si procede maldestramente anche nella prassi politica. Dell’intellettuale sardo, il militante anarchico non solo condivide le passioni e l’avvertita esigenza di un serrato confronto con la tradizione culturale dominante, ma anche e soprattutto il bisogno di ripensare la rivoluzione d’ottobre e di rivalutare quindi l’esperienza dei soviet. A differenza di Gramsci, però, l’anarchico di Lodi restituisce ai consigli operai la primogenitura politica ed imbastisce l’immagine del nuovo mondo nella prospettiva antistatale, ma non apolitica, che individua nel sindacato, nelle associazioni e nel cooperativismo i soggetti che promuoveranno l’autonomia della società civile rispetto allo Stato, come luogo di organizzazione del dominio – e dello sfruttamento - di una classe sulle altre.
Alla tradizione culturale marxista, il professore di Lodi rimproverava soprattutto la mostruosità di pensare al processo di emancipazione dell’umanità attraverso la dittatura del proletariato, all’intellettuale sardo di restare impigliato nei miti dell’industralismo e della “operaiolatria”. Significativi in proposito sono anche le valutazioni di Berneri sul ruolo sociale e sull’importanza nevralgica della figura del tecnico. Mentre, per il nascente partito comunista, gli ingegneri rappresentano il nuovo modello di intellettuale (calato ed operante nella fabbrica e perciò aperto e sensibile ai bisogni delle masse, capace quindi di elaborare un nuovo progetto politico), nuove “stecche del busto” dell’organigramma culturale, che trova nel centralismo democratico il proprio apice e la propria sintesi, per il movimento anarchico il progetto politico va materializzato in una dimensione non verticale ma orizzontale. Anche i tecnici quindi rispondono ai consigli di fabbrica e alle realtà cooperative autogestite e non ai funzionari di partito. Il filosofo di Lodi, infatti, mette in discussione il concetto di egemonia di matrice gramsciana e ribalta la dialettica tra etica e politica. Per lui, la tradizione hegelo-marxsista va confinata tra le anticaglie della storia, all’insegna del primato dell’etica, “stella polare” della prassi politica.
Questo atteggiamento di Camillo Berneri riporterebbe le sue riflessioni sulla sponda della tradizione liberale, ma se a Gramsci l’anarchico rimproverava l’incomprensione e la distanza verso le realtà sociali non riconducibili alla classe operaia (in particolare sono significative le considerazioni del filosofo marxista sulla classe media e sulla piccola proprietà contadina), a Benedetto Croce il militante anarchico certo non può perdonare l’idea che l’etica sia inscritta nella forma della politica. Il movimento libertario per il lodigiano è l’epigono più radicale della tradizione liberaldemocratica. In questa prospettiva, la libertà di coscienza diventa il momento valoriale in una prassi collettiva sempre più partecipata ed autogestita, che individua le sue forme di attuazione nelle istituzioni della società civile. Alle spalle di Berneri è possibile intravedere Sorel, Salvemini e Cattaneo. Al primo è debitore della mistica dell’azione popolare, agli altri due della convinzione che la realtà italiana si inscrive spontaneamente in un processo storico fatto da autonomie locali e cominità autogestite, relate in forma di confederazione.
Il “programma minimo” dei libertari, infatti, intende rimuovere ogni forma di autoritarismo; la prassi sociale, organizzata nei consigli di fabbrica, di cascina, nelle cooperative di consumo, nelle strutture autogestite della sanità, della scuola, dei trasporti, in esperienze sempre più sodali, tende sempre di più a fondare il politico nel sociale, l’autorità nella libertà. Il rovesciamento quindi dell’attualismo gentiliano, che ha dedicato più di una pagina (in particolare Strutture e genesi della società – 1944) alla dialettica libertà-autorità, anche se da un punto di vista diametralmente opposto. In proposito sono molto interessanti le note di Camillo Berneri, finalizzate all’emancipazione culturale delle masse. Sulla scorta delle lezioni di Kropotkin, il filosofo di Lodi rivaluta la formazione professionale. I progressi della scienza seguono sempre i successi e i risultati delle tecniche, la teoria spiega ed enuclea nella legalità le soluzioni pratiche di problemi che nascono nella prassi. Non è un caso che il lavoro teorico di geni come Leonardo da Vinci fosse strettamente collegato al mondo delle officine. Prassi economiche e lavoro scientifico sono dialetticamente coinvolti. Il ruolo della formazione professionale, quindi, ha un valore educativo non inferiore rispetto a quello della tradizione umanistica. Queste osservazioni di Berneri ci guidano alla idea dell’educazione dell’uomo integrale, che non rispecchia più la frattura tra lavoro manuale ed intellettuale e restituisce alla prassi economica la sua dignità in quanto gioco armonico di tutte le facoltà umane.
La sensibilità culturale del militante e dell’intellettuale si incontrano anche in altri lavori teorici, dedicati alla definizione dell’orientamento critico, che il movimento libertario deve adottare nella prassi politica. In particolare va messo in evidenza quanto Berneri fosse ostile ad ogni verità precostituita. Lettore di Poincarè , il lodigiano ipotizza un’epistemologia politica, orientata alla comprensione ed alla governabilità del contingente, consapevole della fallacità di ogni ipotesi precostituita, considerata appunto la complessità del reale.
Note critiche, appunti, saggi brevi, articoli consegnati a giornali e riviste testimoniano l’eclettismo culturale e l’assenza di ogni pregiudizio nel lavoro del professore di Lodi. Unico criterio saldamento costituito è il primato dell’etica, che non infiacchisce comunque il duro confronto con la politica, all’insegna del realismo, ovvero dell’attenzione alle cose.
Realista e romantico, il messaggio libertario di Berneri rappresenta una delle ultime immagini eretiche della tradizione kantiana nel ventesimo secolo.

Prof. Matteo De Cesare, Rivista di Epistemologia e Didattica numero 3 / 4 anno 2008.