FERRUA, Pietro.- John Cage, anarchico "schedato".

THOREAU, Henry David (1817-1862)CAGE, JohnMusique. Créations musicalesLAOZI (souvent mentionné LAO TSEU). Philosophe chinois ( Av. J.-C. 570 - Av. J.-C. 490)GOODMAN, Paul (1911-1972)arte: musicaFERRUA, Pietro (Piero) Michele Stefano (1930 - ....)

Per quanto possa sembrare incredibile che un "innocente" compositore di musica. mondialmente noto, abbia avuto a che fare con la polizia, ciò è paradossalmente vero.
Allorché, nell’ottobre del 1969, sedici anarchici vengono arrestati a poche ore di distanza, a Rio de Janeiro, mancano tre nomi all’appello post-retata: Edgar Rodrigues [1], Carlos M.Rama [2] e John Cage. Su questi arresti e il susseguente processo, si potrà consultare il libro [3] recentemente lanciato dal prolifico cronista dei movimenti anarchici luso-brasiliani, Edgar Rodrigues, nel quale gli eventi vengono descritti in modo particolareggiato, tranne qualche episodio del quale non era forse venuto a conoscenza, come quello, piuttosto succulento, che sto per narrare.
I servizi segreti facevano vigilare il movimento anarchico, che non ignorava affatto questa stretta sorveglianza. Una delle numerose attività intraprese dai compagni era appunto un corso sull’anarchismo, indetto in un teatro locale ("Teatro Carioca") abbastanza noto e situato in una via assai centrale e di gran transito (rua Senador Vergueiro). Questo spazio artistico-culturale era stato da noi appositamente prenotato per due-tre mesi, durante il pomeriggio del sabato, prima delle recite serali. Avevamo chiesto (ed ottenuto) l’autorizzazione di affiggere i nostri manifesti nelle bacheche e nei pannelli murali delle università da noi frequentate (come docenti o discenti). I poster, di gran formato [4], annunciavano una serie di conferenze sulla presenza degli anarchici nelle rivoluzioni del passato, e cioè, la Comune di Parigi del 1871, le due rivoluzioni russe del 1905 e del 1917-21, la rivoluzione messicana, 1906-1911, la rivoluzione spagnola del 1936-’39 e la rivolta del maggio 1968 in Francia.
I compagni avevano adottato qualche precauzione per evitare un repressione immediata e questa strategia funzionò, perché il corso giunse a conclusione e gli arresti sopravvennero soltanto un anno dopo. Per compromettere il minor numero di persone si scelse la formula del conferenziere unico (anche se, come vedremo, altri tre oratori intervennero), si decise di non trasformare l’impresa in un comizio propagandistico pubblico e la si trattò come un corso privato di storia politica al quale ci si iscriveva a pagamento [5], il che consentí di realizzare il progetto. I poliziotti di servizio dovettero iscriversi anche loro, come tutti gli altri auditori, e fu facile identificarli. Ne derivò una divertente inversione di ruoli: eravamo noi a "controllare" loro. Questi "informatori" rimasero d’altronde assai perplessi - questo emerse dai rapporti, brani dei quali ci furono letti durante l’istruttoria- perché non riuscivano a situare questi tipi bizzarri che inveivano contro capitalisti, fascisti e bolscevichi, mettendoli spesso nello stesso sacco.
Ci si può allora immaginare la loro reazione di fronte a questo americano (sí, uno Yankee in carne ed ossa!) che sostituiva l’oratore abituale e che venne presentato al pubblico come il "celebre compositore statunitense John Cage". Intanto, ci corresse immediatamente dopo aver ascoltato l’interpretazione sussurrata (da Diana Ferrua), asserendo che l’etichetta di "insigne musicista" non gli conveniva affatto e preferiva quella di "micologo", precisando subito che non gli interessava tanto lo studio dei funghi, quanto la raccolta, o meglio, la "caccia" alle diverse varietà, secondo la stagione e le latitudini. Ci confessò poi che gli piaceva soprattutto cucinarli e mangiarli e diede la stura ad una lunga digressione sui funghi, fritti o ripieni, in omelette o altrimenti preparati, che continuerebbe forse ancora adesso se qualcuno non l’avesse interrotto e gli avesse chiesto una ricetta per la Rivoluzione anziché per la cottura dei porcini. A questo punto Cage esclamò: "Ma come volete fare una Rivoluzione se i telefoni non funzionano?". Non si trattava di una spiritosaggine, bensí del risultato di un’esperienza e di una convinzione intima.

Sono un po’ responsabile di questo contrattempo che però l’ha colpito a tal punto che è rimasto il solo ricordo da lui lasciato per iscritto (ch’io sappia) di questo episodio. Infatti, nel suo M:Writings ’67-72 [6] a p. 59 dice:"Sono nell’albergo di Rio de Janeiro e sto aspettando una telefonata per sapere se devo o no incontrare le persone che stanno studiando l’anarchia (nei loro studi erano giunti a Thoreau e, avendo saputo che mi piaceva il Diario di Thoreau, mi avevano chiesto di condividere con loro le mie impressioni; il telefono non squilla").
Cage non sapeva ancora che avevamo tentato invano di ottenere una linea libera al caffè del quartiere, il che significava, nel Brasile degli anni ’60, rimanere in coda per mezz’ora, aspettare il segnale di linea libera, formare il numero dell’albergo e trovarlo occupato, riprendere il proprio posto alla fine della coda per ricominciare tutto da capo, magari per due ore difilate. [7]
Adesso è arrivato il momento di fare un salto indietro e di spiegare come feci la conoscenza del compositore e lo invogliai a questa avventura in comune. Qualche giorno prima, avevo ricevuto un invito a cena assai straordinario da parte di Jocy de Oliveira [8], la piú avanguardista e la piú "anarchica" dei compositori brasiliani (il che ci verrà confermato qualche anno dopo [9].
Si trattava di far compagnia prima, durante e dopo il banchetto, a John Cage, al pianista David Tudor, al coreografo Merce Cunningham e a tutta la troupe. Mentre Diana Ferrua e Nora Sant’Anna de Moura (un’amica pianista) conversavano in inglese con le ballerine, Arnaldo Sant’Anna de Moura ed io fummo privilegiati accaparrandoci John Cage per una buona parte di quella magnifica serata. Dopo una lunga discussione musicale sull’intonarumori di Russolo e Pratella (non ne aveva ancora visto uno e trovava lo strumento affascinante) e sul Theremin (di cui mio suocero era stato uno dei rari specialisti e concertisti di fama) passammo a parlare di anarchismo. Mi rivolse molte domande sul C.I.R.A. (ne aveva sentito parlare), si informò delle nostre attività locali e si dichiarò sorpreso di sapere che gli anarchici si riunissero alla luce del sole in piena dittatura. Siccome si era dichiarato apertamente anarchico, gli chiesi di compiere un gesto che sarebbe risultato molto utile sul piano propagandistico in certi ambienti. Lo pregai di renderci visita ufficialmente ed accettò volentieri. Si decise che avrebbe presentato l’anarchismo di Thoreau perché "non credeva troppo alle rivoluzioni violente e non conosceva abbastanza i soggetti del corso per trattarne uno". A noi non serviva un semplice supplente e rimanemmo entusiasmati dalla sua offerta di discettare sulla disubbedienza civile. Il tutto doveva essere confermato dalla telefonata che non gli giunse mai.
Fortunatamente avevamo anche preso la precauzione di mandare qualcuno a cercare il conferenziere all’albergo. In quelle occasioni ci servivamo sempre di due vetture uguali (mi pare si trattasse di Volkswagen, guidate rispettivamente da Rosa Maria de Freire Aguiar e Jacques Kalbourian) per evitare inseguimenti o almeno confondere le piste. John Cage arrivò perciò al Teatro Carioca (gli studenti erano già stati avvertiti del cambiamento straordinario di programma) e ci intrattenne per circa due ore con barzellette frammiste a considerazioni assai serie sull’anarchismo tecnologico. Oltre a Thoreau, di cui era noto il posto occupato nella cultura progressista americana, Cage ci propose le idee di Suzuki, Buckminster Fuller e Paul Goodman, che conoscevamo poco o punto e che comunque non avevamo l’abitudine di associare all’anarchismo. Cage sostenne la tesi della liberazione della società grazie ad una rivoluzione nonviolenta e facendo perno sulle nuove tecnologie.

La visita di John Cage agli anarchici fu ignorata dalla stampa, ma contribuí lo stesso a far conoscere le attività anarchiche negli ambienti artistici ed intellettuali e a consolidare le nostre posizioni. I giorni seguenti ci recammo in gruppo a tutti i suoi spettacoli e lo rivedemmo, ma il suo soggiorno volgeva alla fine e ci separammo da lui con molto dispiacere.
Gli arresti avvennero un anno dopo e Jacques Kalbourian gli diede la notizia negli Stati Uniti. Non credo sia rimasto molto preoccupato per il fatto che la dittatura avesse annotato il suo nome. Ciò non toglie che la fantasia dei servizi segreti brasiliani fece entrare John Cage nella storia dell’anarchismo di Rio de Janeiro. Permane anche il suo messaggio :"Consiglio agli anarchici brasiliani: migliorate il sistema telefonico. Senza telefono sarà del tutto impossibile dare inizio alla Rivoluzione!" op.cit.,p.60.
Oltre a questo episodio di partecipazione attiva, John Cage ha sempre strizzato l’occhio all’anarchismo nei suoi scritti. Spulciando la sua opera si può ricostituire la sua traiettoria, cha va da Lao Tsé a Paul Goodman, passando per Thoreau.
La sua prosa era altrettanto asistematica della sua musica e il mosaico dei suoi pensieri va ricostruito: "Né politicanti, né polizia" [10]; "Niente governo, basta l’educazione [11]; "L’anarchia è pratica" [12]; "Dobbiamo realizzare l’impossibile, sbarazzarci del mondo delle Nazioni, introducendo il gioco dell’intelligente anarchia in un ambiente mondiale" [13]; "sappiamo che il miglior governo è l’assenza di governo" [14].
Definirà lui stesso il suo anarchismo come tecno-anarchismo alla Kostelanetz [15]. Ma si possono identificare altre fonti al suo anarchismo. A Max Blechman [16], forse l’ultimo ad intervistarlo sulla sua adesione alle idee anarchiche, Cage risponderà: "Cominciai ad interessarmi di Anarchia negli ultimi anni ’40…Vera e Paul Williams mi "convertirono". Ma soprattutto James J. Martin". Conosceva l’opera di Emma Goldman ed era al corrente delle faccende spagnole, pur prediligendo un anarchismo quotidiano, nell’immediato. Considerava difatti che: "Offro un modello di come funziona adesso" e ci rivela che per lui l’anarchismo è una seconda natura: "sono anarchico nello stesso modo in cui si telefona, si spegne la luce, si beve acqua" [17].
Ancor piú importante, però è il fatto che le sue idee non si limita a viverle o a menzionarle, le adatta alle sue modalità espressive. Le sue composizioni letterarie e musicali sono altrettanto anarchiche per il contenuto quanto lo sono per la forma. La sua scrittura non è affatto convenzionale e si esprime in modo del tutto originale. I suoi "mesostici" possono rassomigliare a dei cruciverba, pur permettendogli di condensare il suo pensiero (massime orizzontali) e di definirlo nel miglior modo (formule verticali). Qualcuno potrà osservare che i futuristi e i concretisti l’hanno preceduto e che ha preso in prestito da loro qualche trovata. Salvo però il fatto che i suoi predecessori hanno aperto dei sentieri che forse non hanno esplorato né sfruttato sino alle ultime conseguenze, mentre lui li sistematizza, costruisce libri interi nonché composizioni musicali (talvolta i generi addirittura si confondono). Si compiace a volte nel creare architetture rigide (forse alla maniera di Arnold Schoenberg, di cui fu discepolo) che poi deliberatamente violerà, strada facendo. I suoi libri sono concepiti come strutture circolari e non hanno un vero inizio né una vera fine. L’indeterminazione vi regna, nonché l’incoerenza e il tutto fa da contrappeso alla disciplina e offre, come risultato, una nuova struttura variabile.
In campo musicale avviene la stessa cosa e l’elemento anarchico è situato a tutti i livelli: abbandono dei canoni della tradizione, miscuglio dei generi, soppressione del maestro direttore e concertatore d’orchestra, introduzione della nozione di silenzio, utilizzo di suoni naturali (rumori compresi), meccanici, elettrici, elettronici, ecc… La sua gamma di suoni e le sue esperienze sono altrettanto numerose della sua opera. La sua divisa è sempre stata: "pur rimanendo aperto a quel che non si può predire , aspetto con gioia quello che accadrà" [18]. In Atlas Eclipticalis(1932) si sentono 2500 suoni in libertà durante 160 minuti; in Bacchanale (1936), Cage corregge il suono del piano infilando carta, viti, portacenere fra le corde (inventando cosí il "piano preparato"); in Construction in Metal (1937) si serve di gamelan indonesiani assieme a delle lastre di latta e dei pezzi di freno d’automobile; in Empty Words gioca con la voce, il grido e le vocalizzazioni mescolando lettere e sillabe provenienti da un testo di Thoreau; in Europeras unisce incisioni su nastro a frammenti di dischi, di pianisti, cantanti e varî proiettori; in 59 _ for a String Player, gli archi vengono suonati con o senza archetti e il dorso degli strumenti viene percosso come se si trattasse di una batteria; in 4 minutes and 33 seconds(1952) un pianista è seduto davanti al suo strumento senza emettere alcun suono (John Cage si compiaceva nel dire "penso che la mia migliore composizione, almeno quella che preferisco, è il pezzo silenzioso 4’33". Consiste di tre movimenti senza suono. Volevo che la mia musica fosse liberata dai sentimenti e dalle idee del compositore. Ho sentito e spero di aver portato le persone a sentire che i suoni del loro ambiente costituiscono una musica molto piú interessante che non la musica che ascolterebbero se si trovassero in una sala da concerto" [19]); HPSCHD (1968) è concepito come una composizione per clavicembalo e apparecchi elettronici; Imaginary Landscape n.5 (1952) è per 42 registrazioni fonografiche mentre Imaginary Landscape n.4(dell’anno precedente) proponeva un suono prodotto dalla trasmissione di dodici apparecchi radiofonici; Muoyce (musica + Joyce) è formato da suoni attinti da Finnegan’s Wake e cantati su varî toni con un ritmo discontinuo, senza melodia ma con accompagnamento di sirene; Variations II (1961) è un pezzo indeterminato per un numero imprecisato di musici ognuno dei quali produce un suono autonomo; Variations V (1965) è composto da tre elementi: rumori amplificati, danze e un "montage" di film; Winter Music può essere interpretato da un numero indeterminato di pianisti (da 1 a 20). E cosí via.
Arnold Schoenberg, il quale lo ebbe brevemente come discepolo, disse di John Cage: "Non è certamente un compositore, bensí un inventore geniale", mentre Bruno Maderna, ha dichiarato :"Siamo tutti figli di Cage" [20] e Peter Yates lo ha definito "il compositore della sua generazione che ha esercitato la maggior influenza, a livello mondiale".
In qualsiasi forma artistica nella quale si sia espresso, Cage ha sempre illustrato il motto "la rivoluzione non può fermarsi" (Composition in Retrospect, p.33). Questo su tutti i livelli, ma su quello delle idee anarchiche ha dichiarato a Max Blechman, qualche settimana soltanto prima di morire:"Penso che [l’anarchia] ridiventi pratica. Una mia amica è di ritorno dalla Spagna ove conosce uno scultore che le ha detto, a proposito del movimento anarchico : ’Da un fiasco all’altro, sempre avanti verso la vittoria finale". La mia amica pensa - come lo scultore, come me, e come sempre piú gente penserà - che l’avvenire politico dell’umanità sarà vittoriosamente anarchico. Non possiamo aver altro che un’umanità universale e anarchica…ci vuole un’anarchia pacifica…altrimenti…ci sarà troppo dolore…" (Drunken Boat, n.2).
I compagni marsigliesi che hanno fondato un "Gruppo Anarchico John Cage, hanno dato prova di molta ispirazione.

Pietro Ferrua

P.S. John Cage era stato invitato a partecipare al programma musicale del Primo Simposio Internazionale sull’Anarchismo, di Portland, ma non potette intervenire per via di un contratto già firmato col coreografo Merce Cunningham per le stesse date. Ci autorizzò comunque a mettere al programma il suo Imaginary Landscape n. 4, ottimamente interpretato dal Lewis and Cl

[1Questo compagno fu l’unico, fra i responsabili ufficialmente dichiarati al momento della registrazione dello Statuto del "Centro Professor José Oiticica" a non essere arrestato assieme agli altri. Risultava come bibliotecario ma nessuno sapeva, al momento degli interrogatorî - o finse di non conoscere - le vere generalità che si dissimulavano dietro questo pseudonimo.

[2Carlos M.Rama veniva periodicamente a Rio de Janeiro a render visita ad una delle figlie che quivi risiedeva, in seguito a matrimonio contratto con un brasiliano. Uno dei suoi viaggi coincise col nostro corso e il compagno e amico professore accettò di sostituirmi per parlare degli anarchici nella Rivoluzione spagnola del 1936-39. In occasione della sua conferenza venne intervistato dalla stampa quotidiana. L’anno dopo, trovandomi in visita a Montevideo, lo informai degli arresti sopravvenuti, consigliandolo di mantenersi alla larga. Riuscí ad evitar grane con la dittatura brasiliana ma entrò in conflitto con quella del suo paese, si rifugiò nel Cile di Allende e dovette in seguito partire per un nuovo esilio, che lo portò in Spagna, ove morí prematuramente.

[3Il processo agli anarchici e gli avvenimenti che lo circondarono, sono narrati da Edgar Rodrigues nel suo Os Anarquistas no Banco dos Réus (1969-1972) (Rio de Janeiro, Vjr, 1993). L’autore si è basato sui documenti processuali e anche sulla documentazione da me fornitagli. Al momento degli arresti il compagno Rodrigues non venne immediatamente perseguito per via delle difficoltà di identificazione, il che gli permise di mantenere il contatto coi compagni non arrestati, di aiutare le famiglie di coloro che erano stati imprigionati, di assumere avvocati per la loro difesa e rendersi utile sotto varî altri aspetti.

[4Diego Abad de Santillán, che ogni tanto incontravo a Buenos Aires, con cui corrispondevo regolarmente e il quale mi aveva fornito materiale documentario per il corso, manifestò il suo stupore ricevendo una copia del manifesto che annunciava la mia serie di conferenze, circa la possibilità di far circolare e affiggere "poster" di quel genere in clima di dittatura. Ricordo di avergli risposto che non era piú lecito farlo in Brasile che non in Argentina ma che avevamo deciso di procedere cosí comunque fosse.

[5La quota di iscrizione era modesta. Nessuno venne retribuito e l’introito aiutò a pagare parte delle spese organizzative.

[6Middletown, Wesleyan University Press, 1974

[7Mi ero iscritto e versavo delle rate mensili per l’acquisto di un telefono, ma a sei anni di distanza non era ancora stata concessa la linea. Diventai felice proprietario (sic!) di un apparecchio telefonico soltanto quando mi trovavo già in esilio.

[8Nel suo appartamento del rione Leblon, in cui abitava allora col marito, maestro direttore e concertatore di orchestra Eleazar de Carvalho.

[9Il "Primo Simposio Internazionale sull’Anarchismo" ebbe luogo a Portland fra il 17 e il 24 febbraio 1980. Si trattò di 8 giorni di conferenze, concerti, tavole rotonde, trasmissioni radiofoniche, proiezioni cinematografiche, recite, spettacoli, concerti, ecc… La parte piú riuscita fu quella dedicata alle espressioni artistiche: danza, musica, cinema. In tale occasione venimmo deliziati da Jocy de Oliveira, sia come pianista e animatrice quando interpretò"Descrizioni automatiche. Embrioni essiccati. Vecchi zecchini e vecchie corazze" di Erik Satie, sia quando ci offrí la rappresentazione di uno spettacolo straordinario e indimenticabile:"Teatro possibilistico n. 1" una sua composizione per musici, attori e ballerini, di spirito antidittatoriale, vivamente applaudita.

[10Composition in retrospect, p.143

[11id. p.126

[12id., p.93

[13id. p.34

[14M, p.101

[15Aveva gran fiducia in Kostelanetz cui concesse il privilegio di scegliere a suo piacimento estratti fra i suoi scritti per farne un "montaggio"delle sue idee sull’educazione per un articolo pubblicato nella rivista Social Anarchism n.14 del 1989, pp.13-29). John Cage si limitò ad aggiungere qualche parola, qua e là, fra parentesi.

[16Cfr. "Last Words on Anarchy. An Interview with John Cage by Max Blechman" in Drunken Boat n.2,pp.221-225. La rivista è uscita in data settembre 1994 ma l’intervista aveva avuto luogo il 24 luglio 1994, meno di un mese prima della morte del compositore.

[17A Year from Monday, p.53

[18Composition in Retrospect, p.32

[19John Cage, "Interview with Jeff Goldberg", in The Transatlantic Review, n.55-56 del maggio 1976.

[20Citato da Piero Santi in "Metodo e Caso in Cage" in Spirali n.42 del giugno 1982, pp.43 e 45.